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A GOOD JOB


JORDAN RACE 2012 – RACING THE PLANET 
250km 5000D+ in totale AUTOSUFFICIENZA 


STORYTELLING
Ho davanti a me un foglio di carta bianco, che, come sempre, ho deciso di riempire immediatamente, a caldo, con l’inchiostro delle mie emozioni provate nella Gara appena conclusa in Giordania. Questa volta però le sento sgorgare lente e con cromature nostalgiche, malinconiche.
Il foglio bianco mi sta rimandando dei fievoli puntini rossi. Qualcuno mi disse, che guardando all’indietro la propria vita, si possono vedere momenti importanti, scelte fondamentali, elementi di svolta che legati tra loro, coll’interpretazione di poi, hanno tutti un senso ed un significato che ci ha portato essere dove sei è, al qui ed ora. Puntini rossi legati da un filo invisibile, la tua storia.
E questa mia storia, questo mio racconto, nasce già nel 1980, quando, affamato di viaggi e scoperte, punto il dito sul mappamondo e su Petra (Giordania). Raccolgo informazioni, traccio percorsi di viaggio, cerco luoghi, segno le tappe, organizzo tutto sin nei minimi dettagli e poi...rimane sulla mia scrivania da studente. Il prezzo è elevato e altre mete vengono raggiunge con le mie tasche vuote. Le scrivanie cambiano ed il raccoglitore impolverato viene dimenticato. 
L’attrazione si riaccende molti anni dopo. Su una scrivania di lavoro appare una rivista del Club Alpino Italiano raffigurante una montagna del Wadi Rum (Giordania). All’epoca arrampico, sono un free climber, e già visualizzo sulla carta delle splendide linee di arrampicata. Si riorganizza il viaggio, stavolta con fine alpinistico. Ma poi la guerra in Medio Oriente e le difficoltà politiche locali, lasciano nuovamente che il faldone resti su di una scrivania. Le scrivanie cambiano ancora ed il plico svanisce nelle pieghe terribili del tempo.
Alcuni mesi fa accendo il computer e ricevo una mail. E’ il periodo in cui sono un ‘corridore dell’estremo’, un Adventure Runner, ed un amico mi informa della possibilità di andare a corre in Giordania. La corsa attraverserà il Deserto del Wadi Rum e finirà davanti al Tesoro di Petra. 
Solo ora, con il solito ‘senno di poi’, vedo i puntini materializzarsi ed unirsi. Il tempo era maturo. L’attuale mia mia malinconia nel descrivere quest’avventura nasce proprio dalla sensazione che ‘qui ed ora’ è stato segnato un ‘pesante’ puntino rosso. Una svolta.

STAGE 0
E’ Venerdì, e forse per questo Amman mi sembra meno frenetica e caotica di quanto mi aspettassi. Da un certo punto di vista mi sembra una città molto occidentale. Solo l’arrivo in Albergo mi fa capire che a 200 km da qui si sta combattendo una guerra: la strada che immette all’albergo è bloccata da sbarre antisfondamento, c’è una guardiola con un militare armato, la zona è videosorvegliata e per accedere alla struttura è necessario passare per il metal detector … speriamo bene. 
L’Organizzazione di Racing The Planet non crea un’atmosfera pomposa, è tutto molto frendly. Solo il check-in per ritirare il pettorale è estremamente rigoroso e di un pignoleria eccentrica. Alcune cose sono obbligatorie al di là della loro effettiva utilità o delle ‘innovazioni’ tecnologiche, ma tanto è, e devo fare buon viso a cattivo gioco. Devo cercare di recuperare od acquistare quello che mi manca. Non saranno certo queste le difficoltà che mi impediranno di ricevere il mio pettorale: 28.
Fatto. Partiamo verso il CAMP1, alle porte di Wadi Rum. Lo raggiungiamo la sera. I ‘veterani’ italiani imbandiscono un simpatico buffet con tutto il cibo possibile portato dalle gustose regioni italiane. Siamo l’invidia di ‘tutto il mondo’. Si, perché sono presenti atleti dalle più svariate parti del mondo. Un crogiolo di umanità in pantaloncini corti!

STAGE1 - 40km circa
5 – 4 – 3 – 2 – 1 – GO! 
Sto bene, mi sono allenato molto, lo zaino non sembra pesare, la temperatura è ottimale…corro. Corro superando molti atleti e molti atleti italiani, i ‘veterani’… non sto sbagliando forse qualcosa?! Qualcosa mi sfugge, qualche dubbio sulla mia andatura si insinua….
Passo veloce nei CP1 e 2, poi una salita mi rallenta nel raggiungimento del CP3. Lo raggiungo in circa 4h 15’ (più di 30 Km su sabbia, salite e zaino pieno). Riparto dopo una breve sosta e mi rendo conto che l’euforia della partenza non mi ha fatto percepire una cosa che io temo: è caldo! È più caldo di quello che era previsto (parlavano di 30/32°). Rallento sempre più, sino a raggiungere il CAMP2 (in salita) e tagliata la linea di traguardo quasi svengo. Ho giramenti di testa e la pressione si abbassa preoccupandomi molto. Potrei andare dal medico di campo, ma se dovesse ritenere necessario il mio ‘fermo pesca’?
Vado in tenda e per tutto il pomeriggio resto sdraiato. Se mi alzo ho le vertigini; da sdraiato qualsiasi movimento mi comporta un crampo! Ho crampi ovunque anche negli addominali della pancia! Bevo, mangio e bevo ancora, insieme all’assunzione di sali, sali cellulari, ed altri minerali.
Dormo.

STAGE2 – 38km circa
Mi sveglio ma non mi sento ancora bene.
Faccio colazione e mi preparo (i tempi sono stretti e non demordo), alle 07.00, dopo il via, mi metto a correre come tutti i concorrenti…500 mt. Poi mi fermo. Non va. Il cuore batte all’impazzata! Mi manca il respiro. Non ho alternative e decido di trasformare questa tappa, in una tappa di trasferimento. Camminerò e permetterò al mio corpo di adattarsi a questa nuova situazione, a questo nuovo clima. Fortunatamente il cielo è coperto e la temperatura è ‘mite’; così il mio lento andare è anche piacevole e mi permette di godere del panorama di una tappa molto bella paesaggisticamente. Passiamo Wadi, Canyon, zone sabbiose, lambiamo alcune cime. Mi cerco dei compagni improvvisati: un cinese con cui comunichiamo a smorfie, una ‘collega’ americana della J.P. Morgan e Giampietro, un italo-tedesco con mille avventure affascinanti in bici alle spalle (tra cui la traversata dell’Alaska e del Sud America). Il tempo così passa velocemente e piacevolmente.
A due chilometri dal CAMP3, trovo Sam (Samantha, la chef dell’organizzazione) che mi avverte della pericolosa situazione di quell’ultimo tratto. C’è un vento molto forte che soffia contro, alza la sabbia, ma in particolar modo può strappare le balise. Se così fosse e non ne trovassi più, mi dice di fermarmi ed attendere il recupero. Vento? Freddo? Ma è quello di cui ho bisogno! Un po’ di condizioni avverse, che amo, che mi esaltino, mi creino adrenalina e soprattutto un abbassamento delle temperature ed un innalzamento della mi pressione!
Mi butto contro vento e sorrido, canto, mi diverto, sino a girare uno spigolo e trovarmi il campo e la linea di arrivo così, improvvisamente. Mi rifocillo avidamente, mi riposo e mi preparo a capire cosa fare l’indomani.
Le chiacchiere di tenda mi portano a conoscere Roberto ed il suo personale Cameramen Vincenzo. Una coppia simpatica, estroversa e molto dinamica. Roberto alle spalle ha avventure e disavventure nel deserto, comprese anche lunghe ‘degenze’ solitarie in condizioni estreme. Conosco anche Fabio, un simpatico Cardiologo fiorentino con cui decidiamo di fare assieme il ‘tappone’ di 90 chilometri. 
Per poterci affiatare decidiamo di fare insieme la tappa del giorno successivo. Trovare una giusta intesa è indispensabile.

STAGE3 – 39km circa
La tappa è bella!
Sono belli i luoghi che attraversiamo oggi e la compagnia di Fabio. Attraversiamo, sempre su terreno sabbioso (che fatica!), Wadi bellissimi, Canyon imponenti, tratti rocciosi, un lago asciutto enorme (non finiva mai!), un villaggio beduino. Luoghi di una bellezza esaltante! L’intesa con Fabio funziona, ci divertiamo, chiacchieriamo e teniamo anche un buon passo. Io sembro stare sempre meglio. Dopo due giorni di deserto il corpo ha cominciato ad adattarsi e a trovare le adeguate contromisure … per vivere … o sopravvivere!!
Tutto fila liscio sino al CP3. Da lì in poi ci troviamo ad attraversare una depressione desertica nel pieno della calura : ore 13.00. L’organizzazione sembra aver compreso il pericolo (le temperature poi ci diranno erano intorno ai 45° con 50° a contatto suolo) e decide di mettere un CP volante con acqua a metà strada. Inoltre una Jeep batte il tracciato negli ultimi chilometri con acqua d’emergenza. Soffro, ma è la prima volta che vedo anche Fabio soffrire. Non parliamo più molto. Con lo sguardo cerchiamo “quel maledetto CAMP4” e ripensiamo al motto dei volontari ai CP che ci acclamano sempre con il motto “a good job”. A noi sembra un riferimento troppo vicino alle fatiche di un ‘lavoro’ e ci ripromettiamo di insegnare loro, che agli italiani è più gradito un “bravo, bravo”.
“Dov’è questo Campo?!” Carlos (il tracciatore del percorso), ha sempre il maledetto ‘vizio’ di nascondere i CP e i CAMPI, li si vede solo all’ultimo, quando oramai ci sei. Non ti dà mai una visione di speranza da lontano!! Così quando lo vedi: “eccolo! CAMPO4!!” (in salita!)
Oggi è stata dura. Una bellissima e faticosa tappa!
Prima di coricarci, per renderci il sonno più tranquillo e piacevole, c’è uno spettacolo imprevisto dei beduini. Sono a caccia di un serpente a sonagli che si aggira tra le tende. Per loro risulta facile trovarlo e mozzargli la testa…per noi risulta meno facile dimenticare l’accaduto…

STAGE4 – 40km circa
Oggi c’è molta salita. È una tappa di trasferimento, non molto bella, se non per il passaggio su due archi di roccia naturali (sembra di essere in Arizona, bellissimi!!).  È una tappa che ci porterà fuori dal Wadi Rum verso l’Anziana Città di Petra.
Quando il sentiero sale, sotto costa, non c’è un filo d’aria. Tutto è fermo, assente, il caldo è opprimente. Fortunatamente ogni qualvolta si scollina c’è il ricambio d’aria ‘di quota’ che raffresca il corpo incandescente! Poi il sole torna a battere inesorabile! Già il caldo della tappa di ieri mi ha provato (io il caldo non lo tollero bene, avevo appunto scelto questa gara perché le temperature massime erano previste al di sotto dei 35° ?!?!) e domani ho il tappone: devo preservarmi. Questa scelta di non sprecare troppe energie, mi fa stare sulle gambe e sotto il sole più di quanto avevo previsto. Continuo a mangiare barrette e cibo salato, rifiutando i gel o le barrette dolci. Verso la fine mi impongo di prendere i gel, il resto del cibo sta scarseggiando. Anche bere diviene difficoltoso. L’acqua nelle borracce è caldissima, imbevibile e quella con i sali diviene ‘pesante’.  Anche se mi viene nausea cerco di bere e mangiare, e spizzico qualcosa da quello ‘accantonato’ per il ‘tappone’ di domani.
Il CAMP5 questa volta è visibile da lontano, in un altipiano che sembra raggiungibile in un attimo. Poi, in breve, mi rendo conto che tra me e lui ci sono un paio di avvallamenti importanti e che il tracciato li evita accuratamente con un lungo aggiramento. Carlos, mi vuoi proprio male! Il mio procedere quasi senza guadagnare terreno in linea d’aria, mi fa venire in mente quello che un giorno Nicola (un altro atleta presente in gara) mi disse: “a velocità dell’andatura è tale che sfiora la percezione dell’immobilità!”
CAMP5 raggiunto, ma ancora quanta fatica!
Domani c’è il ‘tappone’. Mangio, ma prima di farlo controllo bene quanto mi è rimasto. Con ‘orrore’ non trovo un pasto. Riguardo bene, rifaccio i calcoli: niente, il pranzo del giorno di riposo manca! Anche le barrette salate ed il grana si sono drasticamente ridotte, ne ho a malapena per la tappa lunga di domani. Gel invece ne avrei a sufficienza, ma non riesco più ad ingerirli. Se gestirò tutto con intelligenza e testa non dovrebbe essere un problema … ma un po’ di sconforto fa breccia in me. Ciò però non posso permettermi avvenga. Già il corpo è provato dalle fatiche giornaliere, la mente deve rimanere ottimista e positiva!!
La concentrazione e la tranquillità che cercavo però, di li a poco, vengono scalfite dall’arrivo di una violenta tempesta di sabbia! In pochi minuti il sole si oscura, vortici fanno penetrare la sabbia ovunque, nulla è al riparo, raffiche violente riescono a scoperchiare tre tende su sette, con gli atleti che si riparano nei sacchi a pelo sotto il vendo sferzante o trovano riparo nelle tende che reggono. La nostra tenda fortunatamente è una di quelle che regge ed in essa trovano ospitalità alcuni atleti. Così, stretti, senza possibilità di muoverci troppo, iniziamo a tentare di addormentarci. La tempesta, di lì a tre ore, passerà lasciando un cielo talmente terso che le stelle sembrano decuplicate!!

STAGE5 – 86km circa
Go, go, go! Cosa succede, dove sono?
Non mi rendo conto di essere ‘qui ed ora’. Sto correndo in discesa lungo uno scosceso crinale nell’intento di raggiungere il fondo di un canyon. Scendendo velocemente, e lasciando inesorabilmente alle spalle il CAMP5, già alle 07.15 del mattino, mi rendo conto che sto sudando. La tempesta di sabbia della sera precedente non ha raffrescato l’aria. Anzi, ha reso più tersa e limpida l’atmosfera, ed i raggi del sole penetrano con più facilità. Per me non è un buon segnale, il tappone mi si presenta già ‘pericoloso’.
Il canyon è decisamente fantastico. Per circa 20 chilometri si starà racchiusi tra due strette pareti che sembrano liquide, tanto sono ‘deformi’. Pareti dai colori caldi : rossi, ocra, gialli, porpora e che cambiano in continuazione con il cambiare della luce che in esse penetra. Pareti che si allargano e si toccano, a volte non lasciando intravedere il passaggio che si sfrutterà per andare oltre. Ulteriori 10 chilometri saranno, sempre sul canyon, ma allargato ed aperto, lasciandoci cuocere a fuoco lento.
Fabio è poco dietro, e questo mi permette di fare delle foto con tranquillità. Il CP1 si passa veloce. Al CP2 Fabio mi raggiunge ed iniziamo il ‘lungo viaggio’ insieme. Al CP3 il caldo è opprimente ed arrivarci con una salita su sabbia è ancora più ‘divertente’. Arrivare al CP4, ancora dentro al canyon senza alcun filo d’aria, ci fa terminare l’acqua, in quanto la usiamo anche per bagnarci la testa.
Al CP4 sto abbastanza bene … sino a quando mi accorgo di aver finito le barrette salate ed il grana! … oltre a notare che da lì inizia la ‘terribile’ salita (1000 mt D+) che ci porterà al CP5. Con la testa però ci sono, ho le motivazioni giuste e partiamo con decisione. Con decisione. Una decisione che tornante dopo tornante inizia a ridimensionarsi, a vacillare. Sono 10 chilometri di salita, anche ripida, nell’ora più calda del giorno. Centelliniamo l’acqua, eravamo stati avvisati che in questo ‘tappone’ saremmo stati privi di assistenza per lunghissimi tratti, vera autosufficienza anche medica!
Salgo cercando di non guardare mai avanti, vedere dove stanno passando gli altri, in alto, scoraggia, piuttosto, meglio guardare indietro, in basso e vedere cosa aspetta chi ci sta dietro. Da un certo punto non troviamo più anima viva, nessun concorrente davanti, nessuno dietro. Faccio fatica a bere. L’acqua con i Sali mi disgusta (la sostituisco con pastiglie di cloruro di sodio), l’acqua ‘pura’, riscaldata dal sole cocente dentro alla borraccia, sa di plastica ed è ‘bollente’: imbevibile! Di ogni sorso, mezzo lo sputo. Mi tengo umida solo la bocca. 
A due chilometri dal CP5 ‘salto’.
Di botto, anche se lo stavo percependo, la crisi è puntuale, immancabile, necessaria compagna di queste avventure. Non manca mai a nessuno (al campo poi ho sentito che anche i top runner hanno dovuto fare i conti con lei). Si materializza, ma so anche che passa, serve un po’ di pazienza, un po’ d’aiuto. E Fabio è lì con me e me lo dà. Mi fa sedere, mi resta accanto e mi obbliga a mangiare qualcosa. Ma cosa?! “La Bresaola!”. “Ma è la cena di questa sera?!”. Non ho altro (i gel non li tengo neanche in considerazione). “Vedi alternative?”. “Si, il ritiro”. “Ma sei fuori di senno!”. “Probabilmente”…ed azzanno mezza porzione di bresaola, l’altra la tengo per la sera. Il cervello annebbiato si schiarisce, il mondo torna a sorridere, mi torna il buon umore e la forza. Quanto poco basta! Dai, Fabio, grazie! Andiamo a goderci il fantastico panorama su tutta Israele, che si vede dal CP5. Sorseggiando dell’acqua ‘pulita’, una pastiglia di sale ed un po’ di mousse al cioccolato, godiamo del posto in cui siamo e pensiamo al popolo in cerca della ‘terra promessa’ che ha calpestato quei luoghi per quarant’anni. Fabio è un grande e colto cicerone, la sua compagnia colta mi è gradita, oltre che preziosa. 
Rimetto lo zaino in spalla, ancora un po’ di salita (sino a quota 1540mt circa), un po’ di ‘mangia e bevi’ (continui tratti di sali-scendi) e poi il sentiero degrada lievemente verso il CP6 che si materializza nelle ultime luci del giorno. Ci arriviamo senza accendere la pila e recuperando un’atleta coreana che aveva perso la giusta via. 
Ci vestiamo, ci attrezziamo per passare la notte in cammino (pila rossa, pila bianca, maniche lunghe, etc.). Ci motiviamo e decidiamo di mangiare qualcosa. Io avrei metà porzione di quello che era la cena prevista: la bresaola. Nei pochi morsi che la sua quantità mi permette, mi rendo conto di aver sbagliato qualcosa nella preparazione di questa gara: continuo ad avere voglia di cibi salati e di null’altro. Sono conscio che in questo ‘tappone’ non riesco ad alimentarmi come vorrei e come dovrei. Devo velocemente prendere una decisione, in quanto il tracciato da qui salirà ancora (ma i deserti non erano conformazioni piatte?!? Non ho mai fatto tanta salita in un deserto!!), la temperatura scenderà rapidamente, tutto ciò richiederà maggiori energie e forze. Devo nutrirmi. Ho quattro possibilità: il ritiro; avanzare con il pericolo di dovermi fermare in una zona non assisitita (e in questa gara ce ne sono state moltissime); fermarmi a dormire in questo CP (zona bivacco allestita per la notte) e domani si vedrà; mangiare qui, unico CP del ‘tappone’ con acqua calda pronta, quello che sarebbe stato la cena di domani sera (il pranzo già non c’è!!). Rapido Lorenzo, rapido. Ok Fabio, mangio. Scaldo velocemente nell’acqua già calda mezza porzione dei ‘mitici’ tortellini agli sfilacci di cavallo…E’ un azzardo?! Forse, ma mi sembra l’unica soluzione possibile, o forse l’unica accettabile. Fabio mi convince che è la migliore! Superfluo dire che tutto il mio fisico ed il ‘mio mondo’ si rigenera! Alè! Vomonos.
Saliamo, saliamo, luci di paesi lontani ci attraggono, ma il tracciato li evita regolarmente (malediciamo Carlos, ma solo il giorno dopo capirò che da ogni piccolo villaggio ci dividevano forre e spaccature intraversabili. Quante volte saranno fischiate le orecchie a Carlos in questa giornata!!). 
Ma quanto sale ancora questo tratto, siamo sulle Dolomiti?
L’alone luminoso della pila disegna un piccolo mondo immaginario. Immagino il paesaggio circostante da piccoli segni sul terreno, ma non saprò mai se l’avrò indovinato. Mi aiutano rumori, guaiti, belati; mi aiuta vedere veloci passaggi sul sentiero di lucertole, scorpioni bianchi, topini, ma tutto rimane velato, un sogno. Il mio mondo è un ampolla luminosa di qualche metro, il resto è immaginazione. 
CP7, siamo nuovamente oltre i 1500 mt. Soffia un vento freddo, alcuni concorrenti si riparano dietro un mezzo e cercano di riposarsi dentro al sacco a pelo. Li invidio?! No, sono stanco e comincio a preferire il moto continuo, che mi sta avvicinando il prima possibile alla mia meta di questo giorno, domani si vedrà. Sembra infatti non essere più un mio problema, il domani, ed infatti, con la scusa che (finalmente) anche Fabio è stanco ed ha fame, e necessità di un po’ d’acqua calda per il suo liofilizzato, tiro fuori il mio fornelletto e scaldo dell’acqua per lui e per la mia ultima porzione di tortellini! Quanta allegria fa il cibo! Mangiamo ridendo e scherzando, chiusi nei nostri antivento. La classifica? Beh, non è mai stata una priorità ed in questa notte stellata, al freddo (come cambiano velocemente le situazioni), sferzati dal vento, non lo è certo! Carpe diem.
La situazione ora dice che domani non avrò nulla da mangiare. Ma in questo momento ci scherzo sopra. Mancano ancora più di venti chilometri al Campo. Questo richiede la concentrazione sul momento. Ci alziamo un po’ barcollando e salutando tutti e nessuno avanziamo controvento verso quello che immagino un prato. Il fresco riduce la sete e la necessità di bere. Ma so che comunque siamo soggetti a disidratazione e mi obbligo a bere con regolarità dei sorsi d’acqua.
Siamo degli automi. Parliamo poco, facciamo passi veloci e rapidi, ancor più rabbiosi ogni volta che incontriamo una dura rampa da salire. Torna la determinazione, l’adrenalina della notte, le endorfine per stare svegli. Ora sono convinto che nulla ci potrà fermare.
CP8. Passiamo veloci. Un sorso di miele, che mi fa più male che bene, e riprendiamo a scoprire il ‘nostro mondo’ passo dopo passo. Prima, che avevo ancora un po’ di cibo nello zaino avevo sempre fame, ora che non ho più nulla nessuna richiesta dal mio corpo!? 
Fabio, “ma stiamo puntando da un po’ verso quelle luci lontane, stavolta sembra che non le aggireremo?!”. “Ma cos’è? Un cimitero?”. Avanziamo. “No, un albergo?”. Avanziamo. “No, è proprio un paese, non un villaggio!”. Lo raggiungiamo. Siamo ancora a quota 1400 mt. ed a 6 chilometri dal Campo. Ma quando inizieremo a scendere? 
Attraversiamo il paese mentre le moschee chiamano a preghiera i fedeli. E’ un momento affascinante, emozionante, probabilmente irripetibile. Siamo solo noi sulle strade, ma alcune luci nelle case sono accese, probabilmente pregano. Saranno 2 o 3 le moschee che invitano alla preghiera e l’effetto stereo è coinvolgente. Mi sento un ‘viaggiatore’! “Ma stiamo ancora salendo!?”. La strada è anche oltretutto ripida, e raggiunta la via principale, le balise ci invitano a seguirla per la parte che sale!? Siamo increduli ma tenaci. Con un passo ancor più rabbioso, in centro strada…saliamo.
Deviazione verso una scarpata. Il Campo è più di 300 metri sotto di noi. Perdiamo dislivello in poco meno di un chilometro di discesa. Non è un sentiero, è una linea retta su uno scosceso dirupo. Fabio rallenta, questo è il mio terreno, non il suo. Perde velocemente contatto da me. Arrivo a poche centinaia di metri dalla linea di traguardo del ‘tappone’. I volontari dell’organizzazione mi acclamano, mi incitano. Io mi fermo. Dò loro le spalle. Mi rendo conto che non capiscono. Aumentano le loro grida. Poi smettono, forse hanno capito. Io piantato a terra, gambe divaricate, spalle ritte e sguardo avanti aspetto il mio amico Fabio! Lui lo capisce ed aumenta il passo. Mi raggiunge. Insieme, sotto gli applausi, attraversiamo la Finish Line! E’ finita!
“Bravo, bravo”…no, a good job!

RIPOSO, no, DIGIUNO
Il tempo è maturo. 
Oggi sono una persona che si è messa in stand by. La giornata mi passa noiosa ma sostanzialmente indenne. Non ho molte alternative. Sono a digiuno.
Alessandro mi dona una cosa di un valore immenso: della liquirizia pura. Piccole, ma molte pastiglie di liquirizia. Decido di mangiarne un paio ogni ora. Tengo lo stomaco a ‘lavoro’ ed un buon sapore in bocca. Sono la mia salvezza. Nel tardo pomeriggio arrivano gli ultimi concorrenti. Voglio essere anch’io presente nel festeggiare l’atleta americana che chiude gli arrivi. E’ commovente. Alcune lacrime mi sgorgano nel vedere che barcolla, si appoggia alle bandiere delle nazioni, sembra non farcela. La sorreggono e le fanno tagliare il traguardo. Ma chi e cosa ci motiva a fare queste cose? Ho molto tempo per pensarci. Questa gara è stata molto dura anche per me. Mi rendo conto di aver raggiunto i miei limiti. Sicuramente potrei farne di ancor più difficili, ma questo presuppone un incremento degli allenamenti e, di conseguenza, il ‘rubare’ ancor più tempo alla mia famiglia. Tempo che già dedico loro in quantità ridotte. Ne vale la pena? No. Non credo. Credo fermamente che con questo livello di gara ho raggiunto il mio obiettivo. Ho raggiunto i miei attuali limiti, imposti o voluti. Credo che qui la penna rossa disegni un indelebile puntino rosso. I tempi sono maturi per fare altre scelte….

STAGE6 – 7 km circa
La partenza di questa ultima ‘passerella’ è stata anticipata alle 6.20. In precedenza era alle 06.00. Così ci troviamo tutti, pronti anticipatamente, sul piazzale al centro del CAMP6. Sorrisi, saluti. C’è un clima rilassato che i giorni antecedenti non c’era. Non ci sarà ‘competizione’, Sam ci avvisa che ci è fatto divieto di correre negli ultimi chilometri, dentro al SIQ, prima del Tesoro di Petra. Pertanto ci sarà dato a tutti un tempo ex-equo finale. 
Danno il via, ma, con mia grande sorpresa nessuno si mette a correre!!! Siamo tutti, centosessanta atleti, al passo. Un paio di danesi accennano a trotterellare ma vengono subito derisi dal gruppo e desistono. Che bello, posso ‘gareggiare’ al fianco dei top runner, di quelli che vedevo partire e che poi trovavo già sdraiati al mio arrivo. Questa situazione, stranissima, irreale, porta allegria nel gruppone, si ride, si scherza, si continua a scattare foto. È un’atmosfera particolare, mai provata prima e che so mai proverò nuovamente. Grandiosa!
Raggiungiamo una discesetta e qui, inesorabilmente e all’unisono ci si mette al trotto e, poi, poi di corsa. E’ nel nostro DNA, come avrebbe potuto durare di più! Affianco i leader delle corsa e, con sadico piacere, vedo che anche loro sono affaticati.  Carlos ha tracciato gli ultimi chilometri in un paesaggio per me quasi familiare, sembrano le Dolomiti; qualche passo su roccia, qualche cengia, ed in breve entriamo nel SIQ. Sospinti dalle bellezze del luogo, dal silenzio (anche gli atleti sono suggestionati e si avanza in rispettoso silenzio), come d’improvviso, senza aspettarcelo, e io quasi ne resto deluso, quasi arrabbiato, “come è già qua!?”...Petra!

 

 

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