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LA MIA MDS 2011

 

Giorni Dopo – A casa – MdS Perché?
Per parlare di MdS inizialmente mi si impone di rispondere alla domanda: “MdS, perche?”
Prima di partire non ero in grado di rispondere lucidamente e compiutamente a questa domanda. Oggi con la gara ‘in tasca’, le cose sono un po’ più chiare.
L’MdS è una gara che esula dalle caratteristiche che io cerco nelle Adventure Race che solitamente scelgo: solitudine, emozioni, paesaggi da fruire, socialità. La corsa non è certo in solitudine, essendo sempre stato inserito in un lungo serpentone ininterrotto di atleti; non permette di godere dei paesaggi attraversati, in quanto è vitale l’arrivare quanto prima al Bivacco Notturno; la stanchezza e le difficoltà ambientali, una volta arrivati nella propria tenda al Campo, rendono difficile la socializzazione con i concorrenti delle altre tende; infine, le emozioni, naturali quelle finali di gioia e soddisfazione nell’aver terminato questa gara, nel durante sono per lo più caratterizzate da sensazioni di sofferenza.
Allora perché MdS?
Perché anch’io sono caduto nel perverso mondo in cui devi aver fatto alcune gare, tra cui questa. Questa, che è considerata la Regina delle gare nel Deserto in AutoSufficienza. Una regina che quest’anno si è imbellettata, proponendo una lunghezza di 251 km circa, con una prima tappa ‘d’ambientamento’ di ben 33 km, con 14 km di Erg (dune alte di sabbia) impegnativo, con una giornata intera di vento al limite della tempesta di sabbia, con un tappone disegnato tra i più impegnativi di tutte le edizioni: con salite montane (Jebel), laghi salati, Erg, Plateau (distese piatte), Oued (fiumi secchi), ed infinite praterie. E naturalmente con le immancabili giornate torride a sfiorare i 48° . 
Questa è stata la 26^ Marathon Des Sables e di questa racconterò brevemente. Un racconto che parla della mia Mds 2011, sicuramente diversa da ognuno dei concorrenti presenti!

Giorno Zero – Bivacco - Un bambino nel paese dei balocchi
Messo il piede nel campo/bivacco, la prospettiva cambia da subito: la gara e le sue problematiche non affollano più la mia testa,  ma lasciano posto ad una strana sensazione di …. Sopravvivenza.
Ma è ancora la gioia, la spensieratezza e l’entusiasmo, che si respira, a sommergere ogni dubbio.

Giorno Uno – Prima tappa 33 km – Subito Erg!
Al via l’emozione è palpabile, gli atleti che rappresentano ben 42 paesi del mondo, fremono dietro all’esile cordicella sulla linea di partenza. Cordicella che durante il conto alla rovescia sembra non avere la forza di resistere alla pressione di 849 concorrenti.
Improvvisamente, inconsapevolmente, quasi sognante, mi ritrovo a correre!
La Tappa mi risultata  molto bella in quanto ho potuto correrla quasi tutta. I primi 12 km (sino al Check Point 1) e poi gli ultimi 7 km finali, tutti su distese piatte e cosparse di pietruzze nere bruciate dal sole. 
I centrali 14 km sono però stati su un Erg molto impegnativo, che mi ha costretto al passo. Prima veloce, e poi rallentato dal peso dello zaino arrivato a più di 11 kg (troppo, troppo pesante) con il materiale obbligatorio fornitoci dall’organizzazione. 
La giornata mi è stata comunque molto favorevole in quanto le temperature si sono mantenute sui 31/34° con tratti di cielo coperto. 
L’arrivo al bivacco, lasciando sfogare le ansie di mesi di preparazione, avviene con le lacrime agli occhi… o forse è colpa della durezza con l’impatto della prima tappa ?!
Al bivacco ho notato che mangiavo molto meno di quanto avevo previsto, ho così  scaricato circa 1,2 kg di peso (cibo) offrendolo ad altri (sperando di non dovermene poi pentire).
Unica nota dolente della giornata è che il nastro che tiene le ghette sembra iniziare già a cedere !? Vedrò domani se rattopparlo con il Nastro Americano.
La serata è stata resa difficile per l’arrivo di un forte vento.

Giorno Due – Seconda tappa 38 km – La tempesta di sabbia
Per tutta la notte ha soffiato un vento forte che spazza ovunque le cose, alza la tenda e mi riempie di sabbia! Riposo notturno quasi inesistente! Il tutto annuncia una giornata fredda e difficile e le aspettative non saranno tradite!
La mattina il vento accentua la sua forza e alle 06.00, come previsto, siamo stati privati della tenda, anche se oggi mi risulta inutile.
Le cose più elementari divengono difficili, il vento non permette di lasciare incostudito nulla e la sabbia turbina ovunque. Guardando il Road Book scopro con orrore che dovrò correre contro vento!
Nonostante tutto (zaino e vento) corro i soliti 12 km sino al CP1, prima con il vento contrario, poi laterale. Quando questo si placa, l’andatura forzatamente obliqua, mancando l’appoggio laterale del vento, mi fa spesso perdere l’equilibrio.
Siamo partiti con una visibilità di poco superiore ai 100 mt. Finalmente poi la sabbia ha iniziato a ‘picchiare’ solo all’altezza dei polpacci, liberandoci l’orizzonte. A volte l’intensità è tale da faticare ad avanzare.
Tutta la tappa è stata caratterizzata da questo forte vento, sino a qualche chilometro dall’arrivo, dove si è entrati quasi in una tempesta di sabbia. Preservare le energie a questo punto diventa fondamentale.

Giorno Tre – Terza tappa 38 km – Arriva la montagna
Tappa di montagna questa. Terreno su cui dovrei dare il meglio !
Anche qui infatti parto correndo i soliti 12 km che mi dividono dal primo CP. Procedo con un ritmo sostenuto sorpassando vari atleti. 
Mi sento bene, ho ottime sensazioni. Poi, improvvisamente Erg!
Purtroppo, le ghette già da ieri sono andate: per tutta la lunghezza interna della scarpa non reggono più ed inizio ad ‘imbarcare’ sabbia! Gli Erg che passiamo non sono impegnativi ma la sabbia entra copiosamente sfregando rovinosamente i piedi. Nella frenesia mattutina (essere ‘sbattuti’ fuori dalla tenda alle 06.00 è una vera e propria rottura!) ho dimenticato di mettere la crema protettiva per le vesciche, risultato: in pochi minuti 4 vesciche!
Mi trovo ora davanti ad una scelta: procedere comunque di corsa sperando (o rischiando) di aver minor danno possibile ai piedi, o procedere con più cautela e salvaguardare il più possibile i piedi in vista della lunga tappa del giorno successivo. Decido per la prudenza.
Non sono comunque solo in questa situazione: Raffaella e Manuel in breve si aggiungono alla mia decisione, considerando che anche le loro ghette non reggono più. Così cerchiamo di salvaguardare i piedi per il tappone che ci aspetta l’indomani.
Peccato che l’ansia di arrivare quanto prima al campo per mangiare, recuperare e curare le vesciche non ci permetta di godere appieno dei paesaggi che attraversiamo.
Arriviamo mano nella mano al traguardo. 
La scelta di procedere più lentamente non mi ha tutelato totalmente comunque dall’insorgere di nuove vesciche, che la sera mi ritrovo a bucare e curare alla meglio.

Giorno Quattro – Quarta tappa 82 km – Persi nella notte
Durante la notte ha fatto molto freddo e la mattina si gela (11°). Ben vestito mi sistemo al meglio le vesciche e mi preparo, taciturno, ad affrontare il ‘pezzo forte’ della gara: il tappone di 82 km!
Difficilmente in questo momento sento l’MdS come una corsa. La des Sables è un impresa! Una vera avventura! 
Anche oggi cerco di partire di corsa, ma le vesciche fanno male. Devo rallentare, non posso compromettere ora il tappone e la gara!
La tappa da subito è condizionata dal vero caldo del deserto sahariano (finalmente!?); in breve arriviamo a 39° a metà mattinata. Il terreno su cui ci muoviamo è montano (Jebel) e molti i dislivelli che mi trovo a dover superare (ricordo 3 Passi importanti); ma non ci fanno mancare neanche gli Erg ed ancora meno i lunghissimi interminabili opprimenti ‘piattoni’! (Plateau)
Un tratto di Jebel è stato magnifico! Lo sguardo spazia per chilometri e chilometri … chilometri e chilometri di savana che poi mi trovo a dover attraversare. Qui lo sguardo non sembra trovare orizzonte!
In questi tratti, avrei dovuto correre, ma io ed i miei compagni (Adriano, Raffaella e Manuel) non abbiamo la forza (o forse quello che più manca è il coraggio) di correre. 
La temperatura si alza drasticamente e i piedi ‘friggono’.
Procediamo con un passo molto veloce per il quale io necessito dei bastoncini, che uso sempre all’uopo per  impormi un ritmo elevato. 
Et voilà! I bastoncini al CP3 si rompono. Il Nastro Americano, non usato per le ghette oramai distrutte, mi viene utile per rattoppare, con l’aiuto di alcune pietre piatte, il punto di rottura.
Così, con dei bastoncini che sembrano più un arco per le frecce, oltretutto appesantiti dalle pietre, procediamo verso il CP4 e la notte.
Tra il CP4 ed il CP5, nel bel mezzo di un Erg, le balise luminose che ci guidano nella notte ad un certo punto non sono più presenti. Quasi a mettere voce ai ns pensieri Manuel evidenzia che da un po’ di tempo non incontriamo balise. Ci conforta vedere dietro di noi altre lampade frontali di concorrenti che ci stanno raggiungendo. Ma sapranno la strada o stanno seguendo noi?
Ci raggiungono e la parola che mi arriva subito all’orecchio è : “Lost!”. Ci siamo persi? La stanchezza di qualche minuto prima, con un’enorme scossa di adrenalina, viene sostituita dal panico! Poi fortunatamente riesco ad impormi la calma e la razionalità e ci consultiamo tra tutti. Si prende il Road Book, la bussola, ci si orienta, si controlla attentamente la sabbia delle dune, sino ad incontrare gli esili precedenti passaggi. Seguiamo con speranza le nostre intuizioni sino a vedere in lontananza le luci del CP5. Scampato pericolo!
La disavventura ci ha rallentato molto e dal CP6, io e Adriano, decidiamo di accelerare quanto più possibile il passo. Ci piacerebbe arrivare di notte al Bivacco. I dolori ai piedi però mi sono insopportabili e mi trovo, mio malgrado, obbligato, per poter proseguire, ad assumere un antidolorifico. Sarà il primo ed ultimo in quanto, pur consapevole che moltissimi atleti si sostengono con questo farmaco (alcuni nel tappone ne hanno assunti 8, altri procedono solo con antinfiammatori), io l’MdS già da casa ho scelto di farla pulito!
Arrivo al Bivacco all’alba, tra le lacrime.
Dura, dura e ancora più dura è stata questa tappa, tra Erg, Jebel e distese infinite. 
I talloni dei piedi mi fanno malissimo, ogni passo è un’agonia. Ma è l’anima che forse ha sofferto di più e sta perdendo le motivazioni per andare avanti.

Giorno Cinque – Riposo – Il cibo per l’anima manca
Arrivo all’alba, quando il 50% dei componenti della tenda è già riuscito a riposare, in quanto arrivato molto prima. Mi metto subito a fare quelle cose che mi ero già pianificato da casa: devo lavare delle calze, delle mutande, prepararmi abbondante cibo, sistemare al meglio le scarpe e poi riposare, riposare, riposare.
Purtroppo questi lavori ‘casalinghi’ mi occupano molto tempo e molto tempo lo devo riservare alle cure dei miei piedi. Non li riconosco più, sono dei zamponi! Dei zamponi con ferite qua e là che dolgono da morire!
Non riesco a trovare pace e a dedicarmi a godere delle persone e dei luoghi dove mi trovo. Ogni minuto è necessario per fare qualcosa. Ma l’attenzione mia e dei miei compagni è spesso rapita dal vedere, all’interno del grande spiazzo tra le tende, gli atleti che si muovono: sembra un filmato mandato avanti a rallentatore!! Sembriamo tutti piccoli automi con le pile agli sgoccioli!! Corti passi a rallentatore.
Arriva la sera e distrutto mi butto (mi dicono per la prima notte) a russare.
Constato che mi è proprio difficile godere di dove mi trovo: il pomeriggio e la sera ci sono mille cose da fare e preparare; la notte si è stanchi; la mattina è tutto veloce, meccanico; durante la corsa c’è l’ansia per dover arrivare il prima possibile e guadagnare tempo prezioso … per i ‘lavori domestici’! 

Giorno Sei – Quinta tappa 42,2 km – La Maratona
La notte è stata troppo corta!
Mi trovo stressato già di prima mattina quando vedo di non avere nemmeno il tempo di uscire dal sacco a pelo! Gli uomini in tuta Blu dell’Organizzazione hanno già smontato la tenda! …. “Avete paura degli Uomini Blu? SI! Li volete? NO!”
Eseguo meccanicamente tutti preparativi e mi porto stancamente sulla linea di partenza.
Provo a partire correndo, la volontà di fare una bella maratona e tenere la posizione di metà classifica c’è tutta.
I piedi sono ancora gonfi ed hanno fatto fatica ad entrare nelle scarpe (alle quali ho tolto le solette). Le vesciche dolgono ancora (pur con innumerevoli trattamenti!). Molti si sostengono con gli antidolorifici. Io resto fedele alle mie idee ed imparo ad alzare la mia soglia del dolore.
Non sono mai stato soggetto al fenomeno dei piedi gonfi, ma anche le scarpe di un numero più grandi ora non mi sono sufficienti.
Alessandro (un compagno in condizioni peggiori delle mie) mi saluta con un : “Benvenuto sulla Via Crucis!”
Probabilmente la Marathon des Sables in un certo senso inizia da oggi!
Dopo esattamente cinque chilometri ho un ‘vero’ mancamento. Mi sento come svenire. Sarà la stanchezza, il caldo, i dolori?
Chiedo ad Adriano, che correva con me, di fermarsi un attimo e di starmi vicino, non vorrei crollare.
Mi siedo, mangio qualcosa, bevo, raccolgo le forze e sembra di andar meglio. 
Libero Adriano in quanto è giusto faccia la sua corsa. Cammino per un paio di chilometri poi torno a correre.
Corro due chilometri circa ma ancora : tachicardia, stordimento, mi sento mancare.
Vedo un’auto di Soccorso dell’Organizzazione e chiedo che mi diano un’occhiata (dentro di me necessitavo di una conferma: era crisi fisica o mentale?).
I medici mi dicono che pressione, battiti, temperatura, tutto è ok. Bene, capisco che è una crisi mentale. Questa la so affrontare!
Certo che la so affrontare, ma mi toglie le forze per poter correre ed io ho già perso molto tempo. 
Fa niente, brucio la mia posizione in classifica ma non mollo!!
Arriverò quasi a sera al campo con i piedi che non riesco più ad appoggiare a terra! Mi rendo conto di aver fatto molti chilometri mettendo la mente in ‘stand by’. Completamente vuota e priva di pensieri, guarda le gambe comporre ogni singolo passo … piede destro, piede sinistro, piede destro, piede sinistro ….. 
La tappa di oggi è stata caratterizzata da una temperatura superiore ai 44/46°. Una giornata torrida. 
Avanzare con i miei zamponi senza antidolorifici è stata un’agonia.
Torno a sottolineare, perché per me è importante, che ho portato a termine l’impresa (fatico a chiamarla gara)!) in modo rigorosamente etico e pulito.
In definitiva è una corsa che dovrebbe premiare e dare più spazio agli ultimi, che hanno sofferto molto, ma molto di più dei primi, ed il mio pensiero corre al tenace e stoico Alessandro!
Speriamo almeno che questo andare lento abbia in qualche modo aiutato a cicatrizzare le vesciche.

Giorno Sette – Sesta tappa 17,5 km - Il Vuoto dentro
Per tutta la notte i piedi hanno fatto un male cane! In particolar modo i talloni dolgono moltissimo.
Le cure alle vesciche fatte nel giorno di riposo però ora stanno portando beneficio e la lenta tappa di ieri ha permesso di cicatrizzarle e renderle meno dolenti.
So che, sistemate le vesciche, i piedi dolenti, quando si saranno riscaldati, non faranno poi sentire troppo il loro dolore. La tappa per di più è corta.
Decido di dare fondo a tutte le mie energie e di correrla tutta, quest’ultima tappa. Adrenalina a palla! Lo zaino è leggerissimo (5 kg) e si vola con le ali ai piedi nella prima vera adolescenziale corsa spensierata verso quella cordicella che sette giorni prima tratteneva il mio entusiasmo.
Ci ho messo poco più di 2 ore! Per me questa è la tappa più bella perché, finalmente, sono tornato alla corsa e sono riuscito a correrla tutta, oltretutto con un buon ritmo!
Forse nel tappone è mancato il coraggio di tirare e correre un po’ di più ma era il mio debutto e la voglia di finirla era forte. Era troppa la paura di doversi ritirare per incognite non valutate!
Calpesto con gioia la cordicella ed alzo lo sguardo al cielo. Finita!
Presto la gioia lascia spazio ad un grande vuoto. E' il deserto che chiede a tutti  il suo obolo fisico ed sentimentale!

 

 

04/2011 

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