Traversata dello Salar d'Uyuni in auto-sufficienza a quota 3600/3800 mt.
VENTIDUE
Ventidue.
22 è il numero di atleti che trovo al via di questa gara.
Subito il pensiero va verso un numero ritenuto esiguo in confronto a tutte le altre 'gare avventura' a cui ho partecipato sino a questo momento.
Ma questo numero porta subito un vantaggio: in poche ore ci siamo già presentati tutti e, dall'Oriente, all'Europa e all'America, in poche ore si forma un continente unico. È un qualcosa di prezioso creare già da subito delle relazioni, lasciare andare il feeling tra le persone.
Riallacciandomi all'incontro avuto a Venezia alla partenza di questa avventura, lascio che le energie diverse che ogni atleta sprigiona si cerchino e si fondino formando così forti particolari relazioni che saranno pilastri portanti per finire questa gara. Finirla come? Sempre con il principio di divertirsi, di vivere il luogo e le persone che incontri, o che decidi di non incontrare.
L'organizzatore Jerome e il Doc Bruno agevolano questo conoscerci senza barriere.
È per questo che mi trovo meglio rispetto alle gare con numeri più grandi. Conoscere a fondo i compagni di viaggio, con i quali nasce un forte feeling, è cosa preziosa ed aiuta nei momenti facili e difficili che si vivranno: ci spingeremo a vicenda, ci aiuteremo e ci divertiremo da morire. Lasciando che le culture ed i linguaggi si contaminino. Questo è dunque un dono prezioso che porto a casa da questa esperienza.
La gara, certo. È più difficile di quanto potessi intuire da casa, ma anche più bella. Con passaggi sulle montagne che ti portano a desiderare il piatto Salar. Ed il Salar arriva. Con l'eccitazione e l'emozione che cancellano le fatiche, le vesciche, la fame.
Il Salar ti prende dentro di se. Ne divieni un tutt'uno. Non c'è più lo spazio-tempo così come conosciuto. Se abbassi lo sguardo per prendere una barretta, rialzandolo, la 'via' non c'è più. Basta che, correndo, ti sposti di qualche grado dagli 80 gradi est,comunicatici quale 'linea' da seguire per sicurezza in caso di perdita di vista delle 'balise', e sei completamente fuori rotta. Più di una volta i compagni 'di viaggio' mi hanno richiamato in 'rotta' perché la perdevo facendo foto. Lo spazio si amplifica tanto quanto implode su te stesso.
Il tempo è un'altro elemento che perde significato. Quello che in pochi minuti percorri a casa, qui sembra non finire mai. Avanzi ma sembra di restare fermo sul posto. Io, che ho corso senza orologio, non ho potuto fare altro che dimenticare il concetto del tempo e vivere solo quello presente. Per di più: la quota non mi ha lasciato libero di correre totalmente le tappe, ma, con il respiro corto, mi dovevo adattare anche a camminare velocemente. Cosa che non è nel mio DNA; mentre, per chi invece ne aveva fatto una capacità, riusciva ad andare più veloce del mio procedere, modificando così ancor più la mia percezione del tempo che passavo sul percorso.
Desideravo da tempo questa gara per provare in totale 'nudità' l'esperienza del Salar. Sapevo che le mie aspettative erano alte e che il Salar era grande. Ma il Salar, attraverso la Ultra Bolivia Race, si è dimostrato molto più grande di quanto mi aspettassi e più appagante di quanto sperassi.
Non posso andare oltre. Non sono in grado di trasferirvi a parole quello che hanno visto i miei occhi, calpestato i miei piedi e provato il mio cuore. ... andateci!
Con umiltà ora qualche consiglio potrei provare anche a darvelo. Ma saranno solo velati suggerimenti, perché anche l'esperienza del pre deve rimanere vostra ... e fa parte del 'vostro viaggio'!!